13 ottobre 1943: l'eccidio di Padregnana


Anche quest’anno (2020) è stato commemorato per l’eccidio di Padregnana, nel comune di Robecchetto con Induno.

L’evento è stato organizzato nell’ambito del “Percorso della Memoria” istituito dall’Ecoistituto della Valle del Ticino, che vuole ricordare i crimini commessi dai nazifascisti nel nostro territorio.

Il 13 ottobre del 1943, in una sera fredda e piovosa, quattro giovani partigiani, Alfonso Chiminello (anni 20), Alvaro Negri (anni 23), Pasquale Perfetti (anni 23) e Luigi Zucca (anni 25) vennero assassinati a colpi di mitra da alcuni componenti della famigerata brigata nera “Aldo Resega”, un’organizzazione di squadristi fascisti tristemente nota nelle nostre zone.

Del gruppo dei martiri faceva parte anche il partigiano Cesare Belloni, il quale, per pura fatalità, riuscì a salvarsi, potendo in seguito, a Liberazione avvenuta, fare luce sull’omicidio e, dopo un regolare processo, assicurare così i mandanti e gli esecutori materiali alla giustizia.

I cinque giovani facevano parte della 106^ Brigata Garibaldi SAP (Squadre di Azione Patriottica) operativa nel rhodense.

Arrestati, probabilmente in seguito ad una delazione, dai fascisti, a causa della loro insistenza nel negare la loro appartenenza alla lotta di liberazione ed al rifiuto di fare i nomi dei loro compagni, furono selvaggiamente torturati presso la casa del fascio di Rho, poi trasportati a Legnano e quindi condotti nel comune di Robecchetto, in località Padregnana e qui brutalmente fucilati.

Come detto, dei cinque giovani, soltanto Cesare Belloni riuscì a salvarsi dalle raffiche di mitra degli aguzzini, probabilmente protetto dal corpo di un compagno.

Quando, finita l’esecuzione, gli squadristi, per cancellare le tracce dell’omicidio, gettarono i corpi nel Naviglio, Cesare Belloni riuscì ad aggrapparsi ad un palo e a tirarsi a galla, raggiungere un casolare dove venne accudito e medicato e permettendogli, in seguito, di ricongiungersi alla sua famiglia.

Dopo la liberazione, fornì una testimonianza decisiva nel processo che si svolse nei confronti degli autori della strage.

Purtroppo, dal luglio 1943 (arresto di Mussolini), al 25 aprile 1945 (liberazione), molti altri partigiani o semplicemente simpatizzanti per la lotta di liberazione vennero arrestati, torturati da squadristi anche solo per una delazione anonima , oltretutto senza fondamento, solo per un frammento di discorso captato durante una conversazione, oppure per una vendetta personale.

Nonostante siano ormai passati settantacinque anni dalla Liberazione, ci sono ancora nostalgici che, oltre a screditare l’impegno partigiano nella lotta di liberazione, offendono la memoria di questi giovani oltraggiando vigliaccamente le lapidi e i monumenti eretti a memoria del loro martirio.

Proprio il 4 ottobre scorso è venuta a mancare Carla Nespolo, presidente dell’A.N.P.I., nonché esponente di spicco della lotta partigiana.

A questa triste notizia, si aggiunta anche quella che la senatrice a vita Liliana Segre ha annunciato che non girerà più di persona a portare le sue illuminate parole a sostegno dell’antifascismo e dell’antirazzismo.

E quindi tocca a noi perpetrare il ricordo di coloro che diedero la vita per la nostra libertà, istruendo le giovani generazioni affinchè a loro volta raccolgano il testimone per perpetuare il sentimento repubblicano contro tutti gli odi nazifascisti.

Il motto “ora e sempre resistenza” è e deve essere più attuale che mai.

Alberto Alba
(socio ANPI Gorla Minore)