Elezioni, crocevia della Repubblica tra diritti e doveri


Le recente crisi del governo ed il relativo scioglimento delle camere da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella porteranno ad elezioni anticipate all’inizio dell’autunno 2022 per il rinnovo del Parlamento. Le elezioni costituiscono uno dei momenti topici della vita di una democrazia, rappresentano il momento privilegiato in cui i cittadini scelgono coloro a cui sarà affidato il compito di prendere decisioni per tutti, sanciscono un patto di fiducia tra i rappresentanti ed i rappresentati. Senza entrare nel merito del panorama politico attuale, il tema costituisce un elemento di primaria importanza che merita uno spazio di approfondimento.

Proveremo a lasciarci interrogare da fonti recenti e lontane per cogliere le provocazioni che esse ci pongono. Tenteremo di lasciare domande, sane inquietudini che possano mettere in moto processi di riflessione. Senza pretese di esaustività proporremo anche qualche possibile punto di vista, sempre nell’ottica di contribuire al ragionamento.

Come primo passo proviamo a lasciarci provocare dalla nostra Costituzione. L’articolo 48 sancisce che: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.” Sembrerebbe che in questo caso si faccia riferimento all’atto pratico del votare, che viene menzionato come dovere civico. È possibile inquadrare tale azione in un contesto più ampio? Leggerlo in senso lato? Torniamo all’inizio della nostra carta costituzionale. L’articolo 1 afferma: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”. Il primo e fondamentale fattore per il buon funzionamento della nostra Repubblica è il lavoro, l’impegno da parte di tutti. Contestualmente, nel caso di elezioni, spesso il tema viene affrontato con espressioni che si possono sintetizzare con “diritto di voto”. Osserviamo quindi che il voto viene proposto nel contesto della duplice accezione diritto/dovere, riportandoci alla parte prima della costituzione stessa che parla dei “Diritti e doveri dei cittadini”. La saggezza dei nostri padri costituenti ha unito diritti e doveri come facce diverse della stessa medaglia. Quando pretendiamo o esercitiamo un diritto dovremmo sempre chiederci quale dovere dovremmo, contestualmente, adempiere. Nel caso di un’elezione, a quale lavoro siamo chiamati? Qual è il dovere da porre accanto al diritto di voto? Oltre alle ovvie necessità pratiche, riteniamo che ci sia un dovere di informazione, di conoscenza, di vaglio delle proposte e dei candidati che le dovranno, nel caso, attuare. Attività che dovrebbero includere anche un’adeguata verifica dell’eventuale storia politica dei soggetti coinvolti: cosa era stato proposto in occasioni precedenti? A posteriori, queste proposte sono o sarebbero state utili per il bene di tutta la Repubblica o solo di una sua parte? Quanto i precedenti rappresentanti di una specifica forza politica hanno onorato il patto di fiducia stretto con gli elettori? Sulla base dell’azione concreta sviluppata nel corso del tempo, quali sono i principi, le idee fondamentali, secondo le quali una forza politica si muove e prende decisioni? Compito arduo, ma, come sancisce il diritto penale (art. 5), la legge non ammette ignoranza. In questo caso non si tratta, evidentemente, della possibilità di commettere un reato. Però è significativo e motivo di riflessione il fatto che uno dei pilastri del diritto, il codice penale, abbia questo principio come caposaldo. Ad essere precisi, come riportato in Gazzetta Ufficiale La Corte Costituzionale con sentenza 23-24 marzo 1988, n. 364 (in G.U. 1ª s.s. 30/03/1988, n. 13) ha dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 c.p. nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile". In maniera molto sintetica e spicciola, nella predetta sentenza l’ignoranza è inevitabile quando il soggetto non ha gli strumenti culturali e materiali per conoscere e comprendere il divieto penale, sebbene abbia fatto tutto ciò che era in suo potere fare. Scrive Verena Pusateri: “Sulla base di tale nuova versione, è possibile, pertanto, muovere un rimprovero di colpevolezza all’agente soltanto nel caso in cui egli abbia conosciuto, o almeno, abbia potuto conoscere, l’illiceità penale del fatto. […] Se, pertanto, il cittadino si è dimostrato ligio a tali doveri di conoscenza delle leggi penali e ciò nonostante, continui ad ignorare la legge, bisogna necessariamente riconoscere che la sua ignoranza assume i tratti dell’inevitabilità e, di conseguenza, della scusabilità.”. Tornando alla nostra riflessione, gli spunti del codice penale e della Corte Costituzionale sembrerebbero farci rileggere il nostro dovere di informazione come un elemento necessario, ed, in ogni caso, non eludibile per mancanza di buona volontà.

Il secondo spunto di riflessione parte dai dati sull’affluenza ed in particolare dagli alti tassi di astensione che hanno caratterizzato le ultime tornate elettorali. Perché molte persone hanno scelto di non scegliere? Forse non sentono necessario partecipare al lavoro di costruzione della Repubblica? In questo caso qual è il motivo di tanta disaffezione? Oppure la loro scelta è ben fondata e costituisce un forte segnale per tutti? Rileviamo che è sempre più diffusa una certa sfiducia nei confronti delle istituzioni e nella possibilità che l’azione politica possa incidere in modo positivo sulla vita reale dei cittadini. Sentimenti che si concretizzerebbero nell’atto di non voler accordare la propria fiducia ad alcuno. In questo caso ci viene in aiuto l’etimologia del termine Repubblica che ricorda come essa sia qualcosa di cui tutti fanno parte, sebbene al suo interno possano svolgere compiti diversi. Le istituzioni non sono entità astratte, ma realtà concrete fatte da cittadini che godono degli stessi diritti degli altri e sono chiamati agli stessi doveri, i quali sono soggetti alle medesime leggi. Quando siamo chiamati ad eleggere i nostri rappresentanti, quando siamo chiamati ad essere attivi nella vita delle nostre istituzioni, siamo consapevoli di partecipare ad un processo di cui siamo i protagonisti insieme a tutti gli altri cittadini? Spesso ricordiamo uomini e donne dello Stato che si sono distinti per particolari meriti. Proprio in questo anno ricorre il trentesimo anniversario delle stragi mafiose in cui vennero assassinati i giudici Giovanni Falcone (Capaci, 23 maggio 1992) e Paolo Borsellino (Palermo, via d’Amelio, 19 luglio 1992) insieme agli uomini delle relative scorte ed alla moglie dello stesso Falcone. Nella narrazione collettiva vengono spesso indicati come eroi, ma attenzione: il termine eroe nella mitologia antica indica un essere semidivino, al quale si attribuiscono imprese prodigiose e meriti eccezionali (Treccani). Ricordiamoci che queste persone erano uomini e donne, cittadini come noi. Avevano famiglie, amici, desideri, sogni, paure e debolezze esattamente come ogni persona. Hanno scelto una professione ed hanno scelto come svolgerla. Hanno scelto di rimanere fedeli al loro mandato, alla Repubblica, anche in situazioni di estrema difficoltà e con estrema determinazione. Le loro scelte ci hanno fatto crescere come persone e cittadini. Oggi noi ci sentiamo parte della nostra Repubblica e scegliamo, pur nelle difficoltà, di contribuire per la nostra parte?

Come ultimo spunto di riflessione riportiamo quanto detto da Antonio Scurati intervistato da Lilli Gruber nel programma Otto e mezzo in occasione dell’uscita del suo libro M, l’uomo della provvidenza che narra gli anni centrali del regime fascista. Il romanzo è il secondo volume di una trilogia su Mussolini. L’autore cerca di rispondere alla domanda “di cosa ha bisogno l’Italia oggi”. Il testo riportato di seguito è la trascrizione di parte della puntata del 23 settembre 2020: “L’Italia ha bisogno di smettere di aspettare l’uomo della provvidenza. Gli anni centrali del regime fascista che io racconto in forma di romanzo in questo libro son gli anni in cui Mussolini viene definito addirittura dal papa l’uomo della provvidenza. Questa inclinazione degli italiani ad attendere la risoluzione della complessità dei problemi dall’arrivo di un uomo della provvidenza, attesa che fu delusa per primo da Mussolini – come io racconto in questo libro – è una tendenza che purtroppo non ci ha mai abbandonati. È un’attesa vana. Una fiducia mal riposta. [...] Smettiamola di aspettare l’uomo della provvidenza. È una minaccia, non è una promessa per il Paese l’uomo della provvidenza. Lavoriamo seriamente con persone che non urlano, che hanno competenze, che non promettono la luna, i mari, i monti, ma piccoli avanzamenti quotidiani.”

Quando saremo chiamati a votare facciamoci la stessa domanda: oggi l’Italia di cosa ha bisogno?

Matteo Rappo
(socio ANPI Gorla Minore)

Riferimenti:

Costituzione italiana:
https://www.senato.it/sites/default/files/media-documents/Costituzione.pdf

Art. 5 codice penale – Gazzetta Ufficiale
https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.versione=2&art.idGruppo=1&art.flagTipoArticolo=1&art.codiceRedazionale=030U1398&art.idArticolo=5&art.idSottoArticolo=1&art.idSottoArticolo1=10&art.dataPubblicazioneGazzetta=1930-10-26&art.progressivo=0

Corte costituzionale - sentenza 23-24 marzo 1988, n. 364 (in G.U. 1ª s.s. 30/03/1988, n. 13)
https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1988&numero=364

Verena Pusateri, Ignorantia legis ed il difficile approdo al principio di colpevolezza. Un’indagine comparativa sulla prassi applicativa, tesi di dottorato. Estratti da pagina 76 e pagina 81.
https://air.unimi.it/bitstream/2434/159218/4/phd_unimi_R07771.pdf

Antonio Scurati, intervista programma Otto e Mezzo del 23/09/2020 (dal minuto 31:04 fino a 33:40)
https://youtu.be/u76i71DXoUs?t=1864
Attenzione: Il testo riportato nell’articolo è una trascrizione di quanto affermato oralmente dall’autore nel corso del programma.