La giornata della memoria: identità collettiva


Il 27 gennaio 1945 il campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau fu liberato dalle truppe sovietiche.

Istituzione della Giornata della memoria

Lo stato italiano, con legge n. 211 del 20 luglio 2000[1], ha istituito il Giorno della memoria. L’articolo 1 della legge afferma: “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Successivamente anche le Nazioni Unite, con la risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale del 1 novembre 2005 (A/RES/60/7)[2], hanno istituito l’International Day of Commemoration in memory of the victims of the Holocaust scegliendo sempre il medesimo giorno. La risoluzione afferma che ”the Holocaust, which resulted in the murder of one third of the Jewish people, along with countless members of other minorities, will forever be a warning to all people of the dangers of hatred, bigotry, racism and prejudice[3] e, nel punto 5, “Condemns without reserve all manifestations of religious intolerance, incitement, harassment or violence against persons or communities based on ethnic origin or religious belief, wherever they occur[4].

Memoria collettiva: costruzione di identità nell’oggi

Gli atti ufficiali che sanciscono l’istituzione della Giornata della memoria mostrano, da parte delle istituzioni nazionali ed internazionali, almeno due chiare finalità: ricordare quanto avvenuto; ricordare al fine di creare, nel presente, argini contro terribili derive già sperimentate nel passato. In altri termini si potrebbe affermare che la ricorrenza costituisca un ulteriore passo verso la costruzione di una memoria collettiva volta alla costruzione del presente. L’idea è ben espressa nelle parole della studiosa Magali Gravier[5] che, ripercorrendo il pensiero di Halbwachs, nel saggio “Gli archivi della Stasi e la rielaborazione della memoria tedesca” scrive: “una società non si interessa alla propria storia solo per il piacere di conoscere i fatti del passato, ma anche per costruire il proprio presente, vale a dire la propria presente identità collettiva”.

È importante sottolineare che la Giornata della memoria non è un evento isolato, ma rappresenta il tassello più recente del complesso processo culturale di rielaborazione del passato cominciato a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. In un articolo scritto sul quotidiano Repubblica il 16 settembre 2019, Ezio Mauro[6] commenta il testo del professor Walter Barberis[7] - Storia senza perdono - ed evidenzia i momenti salienti di tale processo. Una prima fase è caratterizzata dal silenzio dei testimoni. Scrive Mauro: “per chi aveva conosciuto i campi di sterminio la memoria aveva un peso sproporzionato, non ancora spartito in una condivisione nazionale, non elaborato dalla letteratura, non analizzato culturalmente. [...] Mancavano addirittura le parole - strage, sterminio di un popolo, genocidio - per dire a tutti quel che avevano davvero visto e subito in pochi, col rischio di non essere creduti, nell’allucinazione del dolore. Era troppo: per essere sopportato, naturalmente, ma ancor più per essere trasformato in un racconto portato in un discorso pubblico [...] Il silenzio, naturalmente, copriva anche le colpe e le compromissioni, le negligenze e le complicità. Si taceva, dunque, come se il lutto fosse troppo profondo per essere esposto e pronunciato. ”. Segue un percorso di narrazione scritta che trova spazio in forma individuale e collettiva: “(Primo, n.d.r.) Levi capì per primo che scrivere era più facile, era un affidamento, un’oggettivazione, una presenza-distanza, che attraverso la lettura chiedeva non solo attenzione, ma riflessione. [...] (I testi che presero a ragionare sulla Shoah, n.d.r.) divennero anche pietre d’inciampo per chi preferiva occultare, continuava a banalizzare, provava ancora a negare. Una volta scritte, quelle parole non erano eludibili. Pesavano. Pretendevano. C’erano, e non si potevano più ignorare.”. La natura individuale di questa fase si rivolge principalmente alla letteratura. La prima opera sul tema dello stesso Primo Levi, Se questo è un uomo, è del 1947; la seconda, La tregua, del 1963. Il Diario di Anna Frank viene pubblicato per la prima volta nel 1947,ma bisognerà attendere il 1986 per l’edizione critica. Lo scritto autobiografico di Władysław Szpilman, Il pianista, è del 1946 (nel 2002 Roman Polański realizzerà l’omonimo film proprio a partire dagli scritti di Szpilman). La grande diffusione di queste opere sotto il profilo geografico e temporale, ne sancisce il carattere collettivo ed evidenzia che sono state fonte di riflessione anche per le generazioni successive. Esempio di diversa natura, sebbene rientri a pieno titolo in questa fase, è la documentazione prodotta a seguito del processo di Norimberga.

Il processo nei confronti di Adolf Eichmann svoltosi a Gerusalemme nel 1961, quindici anni dopo quello di Norimberga, segna un punto di svolta sotto il profilo emotivo ed umano dell’approccio al passato. Afferma Corrado Augias[8] sempre su Repubblica: “Al contrario di Norimberga, a Gerusalemme s'udì la voce diretta degli scampati, furono udienze tessute di emozioni incontenibili, sopravvissuti che rievocavano pubblicamente esperienze strazianti”. Aggiunge Walter Barberis: “L’impersonalità delle carte e persino dell’uomo in stato d’accusa, con le sue movenze da marionetta, veniva contrapposta alla dolente umanità delle decine di testimoni che sfilavano di fronte alla Corte”. Il processo ad Eichmann avvia una nuova fase in cui la rievocazione del passato non è più mediata dalla forma scritta, ma emerge con la forza della testimonianza diretta attraverso la voce, il corpo, l’interezza della persona umana: “Dagli anni Settanta incominciò quella che fu chiamata “l’era del testimone”, con un rovesciamento dello schema praticato nel primo dopoguerra, quando la memoria e il racconto si appoggiavano alle spalle degli eroi: adesso protagonista era la vittima, cui era affidata la testimonianza che ricreava immediatamente la realtà, dando spazio soprattutto alla rivelazione dell’orrore nazista, che generava la condivisione di una forte emozione” (Mauro).

L’“era del testimone” contribuisce in maniera significativa, ma non conclude il processo culturale intrapreso. In primo luogo, sottolinea Mauro, è necessario considerare che “noi, tutti, ascoltiamo, leggiamo, impariamo e conosciamo da una condizione radicalmente diversa, che sposta la qualità della memoria, l’intensità della coscienza. Soprattutto, noi giudichiamo e condividiamo da un “altrove”, e a posteriori. [...] La distanza tra l’esposizione all’orrore e la sua ricostruzione resta incolmabile, e segna inevitabilmente anche una distanza tra chi testimonia e chi ascolta”. Tuttavia, nell’ottica della costruzione di una memoria collettiva che contribuisca alla creazione di un'identità collettiva nel presente, la ricostruzione degli avvenimenti sotto il profilo fattuale ed umano (memoria) deve essere inquadrata in un più generale processo di storicizzazione degli stessi. Quanto accaduto deve essere razionalmente elaborato ed inquadrato in un quadro unitario che ne individui le cause e le metta in relazione con gli avvenimenti stessi: è necessario “comporre ricordi e testimonianze in un flusso, recuperando antecedenti, proiettandosi sulle conseguenze, alla ricerca di una ragione di ciò che è avvenuto e i testimoni hanno già raccontato” (Mauro). In definitiva “Serve una sintesi, che aggiunga al racconto del male una ricerca oggettiva delle sue cause, uscendo necessariamente dalla retorica a fin di bene che ad esempio definisce “mostruoso” l’Olocausto, quando invece conosciamo il mostro come una creatura eccezionale, quasi mitologica se non leggendaria, dunque qualcosa che irrompe per un caso straordinario: mentre il Lager può al contrario ripetersi, perché Levi ci dice che è sempre laggiù, dove si compie la sperimentazione più estrema del nazionalismo e del razzismo.” (Mauro).

Solo un laborioso processo di storicizzazione del passato permette di inquadrare quanto accaduto in un contesto di realtà, di sottrarlo ad uno status di eccezionalità e di porlo, nella nostra ricostruzione a posteriori di soggetti spettatori, a pieno titolo nelle vicende umane. Solo l’elaborazione di una memoria collettiva permetterà di costruire reali argini contro i pericoli rappresentati da odio, intolleranza, razzismo e pregiudizio.

Identità condivise

Magali Gravier prova ad applicare la nozione di “co-autore di una biografia”, proposta da Ricoeur, alla nozione di identità collettiva, affermando che “quando una società racconta la propria storia, essa racconta necessariamente tratti di storia di altre società”. La studiosa aggiunge che, come diretta conseguenza, “quando una società rielabora la propria memoria collettiva, essa coinvolge più o meno profondamente quella delle società con cui la propria storia è intrecciata”.

Come evidenziato in precedenza, la Giornata della memoria e la sua istituzione costituiscono i simboli più recenti del processo di creazione di una memoria collettiva. Sebbene tali processi vengano sovente declinati in prima istanza in termini nazionali e, solo successivamente, assumano contorni più ampi, sulla base delle affermazioni precedenti è possibile ritenere che essi contribuiscano alla storicizzazione dei fatti in un contesto che comprende necessariamente molteplici entità nazionali. In definitiva, dunque, essi concorrono ad evidenziare i legami tra le nazioni ed a creare una comune identità collettiva.

Il giorno della memoria è stato istituzionalizzato dalle Nazioni Unite nel 2005 e la ricorrenza è stata ampiamente onorata in tutti gli anni successivi[9]. Anche le istituzioni europee hanno fatto propria questa ricorrenza attraverso numerose iniziative che vedono coinvolte le figure istituzionali di maggior rilievo, oltre che capillari eventi di carattere locale[10]. La giornata della memoria è, prima che un atto formale, un impegno concreto e tangibile sviluppato dalle istituzioni nazionali ed internazionali: ciò testimonia il fatto che esso sia un punto d’unione e promuova la creazione di identità condivise.

Matteo Rappo
(socio ANPI Gorla Minore)


[1] Gazzetta ufficiale n. 177 del 31/07/2000 - https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2000/07/31/000G0268/sg[2] Risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale del 1 novembre 2005https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N05/487/96/PDF/N0548796.pdf?OpenElement[3] L’Olocausto, ovvero lo sterminio di un terzo della popolazione Ebraica, insieme ad un vasto numero di altre minoranze, sarà per sempre un monito per ogni persona nei confronti dei pericoli derivanti da odio, intolleranza, razzismo e pregiudizio[4] Condanna senza riserve ogni forma di manifestazione di intolleranza religiosa, istigazione, molestia o violenza contro persone o comunità basate sull’origine etnica o sulla fede religiosa, in qualunque momento esse avvengano.[5] Gravier, Magali. (2009). Gli archivi della Stasi e la rielaborazione della memoria tedesca. Contemporanea (Bologna, Italy: 1998). 12. pp. 326-335.[6] Ezio Mauro, La memoria e la storia divise dal Male, Repubblica 16 settembre 2019https://www.repubblica.it/robinson/2019/09/16/news/la_memoria_e_la_storia_divise_dal_male-300796209/[7] Walter Barberis, Storia senza perdono, Einaudi 2019[8] Corrado Augias, Il senso della memoria, Repubblica 26 gennaio 2021 https://www.repubblica.it/rubriche/le-lettere/2021/01/26/news/le_lettere_di_corrado_augias_di_mercoledi_27_gennaio_2021_il_giorno_della_memoria-300849741/ [9] Nazioni Unite - https://www.un.org/en/holocaustremembrance/observance/[10] Consiglio d’Europa:https://www.coe.int/it/web/portal/27-january-holocaust-remembrance-dayhttps://www.coe.int/en/web/holocausthttps://www.coe.int/en/web/holocaust/holocaust-remembrance-dayhttps://www.coe.int/it/web/venice/international-day-of-commemoration-in-memory-of-the-victims-of-the-holocaustParlamento Europeo:https://www.europarl.europa.eu/italy/it/succede-al-pe/il-parlamento-europeo-per-la-giornata-della-memoria